venerdì 25 dicembre 2015

Pranzo di Natale

Sopravvivere. Alla tovaglia arrogante ed al servito buono. Alle posate ossidate e ai tovaglioli cartonati. E ai suoi occhi. Questo era il punto più difficile del programma. Se ne era reso conto fin dalla sera prima quando, durante la veglia natalizia , la sua mente aveva provato a ricostruire il pranzo del giorno dopo. Dopo tutta una serie di antipasti e un succedersi martellante di primi e secondi i suoi buoni propositi capitolavano quando lei gli chiedeva quanto zucchero voleva nel caffè. E nel chiederglielo lo guardava inevitabilmente negli occhi. E lui ci cascava dentro. Durante tutto il pranzo, dopo essersi seduto all’altro capo della tavola ,fra lo zio Alfio e la nonna, aveva evitato accuratamente di guardare nella sua direzione, ma come un centravanti di razza sa sempre dove è la porta anche quando le volge le spalle, lui non avrebbe avuto problemi a specificare le coordinate spaziali che il corpo di lei occupava in ogni istante. E a riconoscere quel suo particolare profumo in mezzo alle vampate delle lasagne e agli assalti dello stinco in forno. Di fronte a lui Giampiero, il figlio quindicenne di suo fratello, continuava a chiedergli senza pietà delle percentuali scudetto della Fiorentina e lui in quel momento, mentre in qualche modo la sua pelle cercava di captare i riflessi luminosi che arrivavano da un sorriso lontano, si pentiva della maglia Viola che gli aveva comprato. E quasi l’avrebbe cambiata con una della Juventus. Sapeva bene che quel sorriso arrivava da dentro di lui. Era il materializzarsi dei suoi desideri e, mentre mangiava, si aspettava che gli altri commensali lo guardassero con sospetto, tanto era evidente al suo cuore il suo sentire. Solo l’attrazione è verità, tutto il resto è finzione, si ripeteva come un mantra mentre la nonna lo tirava per la giacca perché gli aveva già chiesto tre volte l’acqua ma lui non c’era, non era connesso con il resto dell’umanità. Tanto che si concesse di girare la testa verso di lei, sperando di incontrarne gli occhi. Lei lo guardò, per un attimo, lui si riflesse in lei e si vide, come un podista si intravede nelle vetrine dei negozi accesi la sera, poco prima della chiusura, mentre il cuore ti martella e sai che la tua corsa non finirà mai, perché l’unica cosa di cui ti importa davvero alla fine è soltanto correre. Chiuse gli occhi per un tempo che a lui parve brevissimo ma quando gli riaprì si accorse che la tavola era sparecchiata e non c’era più nessuno. Solo la tazzina del caffè fumante e la zuccheriera erano davanti al suo posto. Quasi lo stessero aspettando.

Nessun commento:

Posta un commento