martedì 7 dicembre 2010

Infanzia

Alla fine tutto si riduce ad una manciata di avvenimenti. Una risibile serie di se ed allora. Ma forse mi sbaglio. Forse alcuni nascono semplicemente così. E' uno dei primi ricordi chiuso dentro di me. Eravamo andati a fare un giro intorno al lago. Era la fine dell'estate e l'aria cominciava a cambiare. Mi avevano tenuto legato al susino dietro casa tutto il giorno. L'ortica non mancava e le mie gambe friggevano di bolle. Sul lago le ombre erano più fredde e si parlava di meno. Non che mi rivolgessero spesso la parola. Ero come trasparente. A quel tempo ero convinto di esserlo. Quella faccia riflessa nello specchio mi sorprendeva. Il sentiero si allontanava un po' dalla sponda seguendo l'argine che si inarcava sull'acqua. Stefano scivolò senza un grido, senza neppure tentare di aggrapparsi agli arbusti che coprivano il costone. Ricordo bene lo schiocco dell'osso che si rompeva e quel modo strano della gamba di attaccarsi al corpo. Mi sedetti sul ciglio dell'argine a guardarlo. L'altro mio fratello, quello di cui non ricordo il nome, corse a chiedere aiuto. Io rimasi a guardare Stefano, le mie gambe piene di bolle che frizzavano all'aria. Mi sporsi in avanti dondolandomi come su un'altalena. Sentii che il sasso dove ero seduto si muoveva. Mi chiesi se sarei mai riuscito a sollevarlo.







Werner Heisenberg spiega il principio di indeterminazione

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